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venerdì 11 novembre 2011

IL REGALO DEL MARE

Perchè non sempre si può scappare, fuggire dal proprio passato. Ci sono momenti in cui il passato ti raggiunge. Tu sei lì a riprendere il fiato, solo per un minuto, madido di sudore e la tua vita ti ha già raggiunto. Non sarai mai veloce abbastanza per staccarti dalla tua ombra, mai veloce abbastanza per cancellare ciò che è stato.
Ci sono ferite che non si cicatrizzano mai e giorni in cui giri la clessidra e non scende neanche un granello di sabbia. Il tempo a volte si ferma.
Fu così che Giacomo decise di fermarlo e di fermarsi.
Lo fece perchè voleva ricominciare a vivere e non soltanto sopravvivere. Lo fece perchè era arrivato il momento.
Gli incubi della notte, le grida, le voci, il sangue, quegli occhi, i brividi, le lacrime, la paura, la paura, la paura, la paura.... Voleva porre fine a tutto questo.
Si accovacciò per terra nel cuore della notte, stremato, stanco, impaurito, indifeso. Arreso.
Si lasciò andare a quei pochi ricordi che aveva strappato a fatica dalla sua mente e subito un fitta gli trapassò l’anima. Poteva morire in quello stesso istante o tornare a vivere per sempre.

Si rivide bambino, cinque anni appena e già una tristezza tatuata sul cuore.
Un sorriso a nascondere quel disagio, quel piccolo dolore a cui non sapeva dare un nome ma che rendeva opaco il più bello dei tramonti.
Quella sensibilità particolare, quell’essere così permeabile al mondo che lo circondava.
Quel sentirsi dentro a tutto e dentro tutto.
Quel giorno stava tornando a casa dalla scuola, con la sua cartella, i libri, le matite, il diario e quella malinconia incartata in una pagina di vita mai letta.
Decise all’improvviso di fare una piccola deviazione al suo abituale percorso e così arrivò sulla spiaggia per vedere il suo mare. Aveva sempre un effetto terapeutico su di lui il mare, lo sciabordio delle onde che si infrangevano sugli scogli, quell’immensità che lo affascinava e lo spaventava, il colore cangiante di quella distesa d’acqua, il piacere di camminare a piedi nudi sulla sabbia in attesa dell’abbraccio delle onde.
Anche quel giorno camminò sulla sabbia e poi si voltò a guardare le sue orme cancellate dall’acqua. Era affascinato da quella magia, da quella sensazione di esserci senza esserci, dai segni di una presenza che diventava assenza.
Dieci passi e si girava a guardare il suo niente.
Poi vide qualcosa tra la sabbia, un bagliore calamitò la sua attenzione.
Si avvicinò guardingo e piano piano estrasse un piccolo soldatino. Sembrava quasi d’oro tanto brillava alla luce del sole. Lo prese con se, lo sciacquò nell’acqua del mare e lo osservò meglio.
Gli sembrò bellissimo, aveva lo sguardo di un guerriero che non conosceva la paura, gli occhi di chi sfida il mondo con un coraggio che lui non aveva mai avuto.
Chissà da dove veniva, quanta strada aveva fatto, quanti mondi aveva visto!!
Era il regalo del mare e l’ultima onda lo aveva portato fin là solo per lui.
Lo strinse forte tra le mani quasi a voler assorbire quella forza, quel coraggio, quella temerarietà, quella fermezza, quell’eroismo che avrebbe tanto voluto avere.
Sarebbero diventati amici, questo Giacomo lo sapeva. Era il suo primo regalo e glielo aveva fatto il mare.
Si attardò ancora un pò prima di riprendere la strada per casa, era in notevole ritardo e già sapeva che sarebbe stato duramente sgridato per questo.
In quei momenti la sua malinconia era palpabile, avrebbe voluto una realtà diversa o forse semplicemente fuggire altrove. Qualsiasi altrove lo avrebbe salvato.
Man mano che si avvicinava a casa cominciò a sentire le urla e le grida dei suoi genitori in uno dei tanti litigi a cui ormai era abituato. Strinse forte il suo soldatino, aveva bisogno di diventare coraggioso, aveva bisogno di non avere più paura.
Rallentò il passo e sentì accelerare i battiti del cuore. L’urlo straziante della madre lo trafisse ed il silenzio che ne seguì echeggiò per sempre nelle sue orecchie.
Capì che stavolta era diverso, sentì che doveva correre per vedere cosa era successo, doveva correre per proteggere la madre, doveva correre......
Corse Giacomo, inghiottì in breve tempo la distanza che lo separava dalla casa. Da quel giorno non smise più di correre, non smise più di fuggire.
Arrivò trafelato sulla soglia di casa e ciò che vide fu troppo. Un troppo difficile da elaborare, un troppo che lui, nella sua fragilità, non poteva gestire senza impazzire.
La madre a terra giaceva in una pozza di sangue, il padre ancora con un coltello in mano, gli occhi di un animale feroce e braccato, la finestra spalancata sul mare, la tenda bianca che danzava col vento, il giornale sfogliato dalla brezza marina, la tavola apparecchiata, il ticchettio di un orologio che aveva smarrito il tempo, gli occhi del padre che non smettevano di fissarlo, quegli occhi.......... e poi l’odore del pane appena cotto, la mattonella del pavimento sbeccata, il gocciolio del rubinetto che perdeva, il sole nascosto d’improvviso tra le nuvole, il suono delle campane, gli schiamazzi dei bambini.....
Sembrava che i suoi occhi famelici fossero avidi solo dei particolari più insulsi trascurando la gravità dell’accaduto. Come se a terra non ci fosse il corpo martoriato della madre, come se suo padre non fosse un assassino, come se nulla fosse successo.
Un tremito, poi più nulla. Sentii delle voci e vide il buio. Per anni non ricordò più nulla.
I medici dissero che aveva rimosso, che la sua era una forma di difesa.
Straordinario e spaventoso il potere della mente, ti viene in soccorso quando sa che non ce la puoi fare a superare un trauma e allora, senza dirti nulla, strappa pagine di vita dal libro del tuo destino e le conserva con cura fin quando non sarai abbastanza forte da poterle leggere ed elaborare.
Solo allora quelle pagine tornano al loro posto ed il libro viene rilegato con fili di speranza e sofferenza. Lavoro certosino e pieno di insidie.
Con il tempo i parenti gli raccontarono ciò che era successo ma lui non ricordava e non voleva sapere. Non riusciva neanche a visualizzare l’immagine dei suoi genitori e non aveva voluto nessuna loro foto che riportasse a galla bagliori di un tempo lontano e cancellato.
Come se nulla fosse successo.
Eppure.....
Eppure l’odore del pane appena cotto gli dava la nausea. Non aveva mai voluto tende bianche nella sua casa. Il vento gli portava sempre lo stesso odore ed era odore di sangue, odore di paura, odore di morte. Stranezze, pensava.

Nacque per la seconda volta a cinque anni Giacomo ed era un bambino senza passato.
La sua vita sembrava scorrere normalmente se non fosse stato per quella tristezza tatuata sul cuore che si era ingigantita a dismisura, per quell’insofferenza a tutto e a tutti, per quell’ansia che lo accompagnava ovunque andasse, quel disagio perenne fatto di inadeguatezza, l’insonnia, gli incubi, il panico..... Stava male Giacomo e sembrava non sapere il perchè.
Poi cominciarono gli incubi a ricordargli quel passato. Flash di terrore che attraversavano la sua mente, il sangue, il coltello, quegli occhi, il padre, quegli occhi, il sangue, il sangue, il sangue......
Finchè una notte si svegliò di soprassalto ed in preda al panico crollò in un pianto liberatorio.
Pianse Giacomo, per la prima volta in vita sua versò tutte le lacrime che non aveva mai versato. Un fiume in piena a lavare tutto quel sangue che aveva visto e che ora ricordava.
Il passato gli toccò la spalla, riemerse dalle profondità insondate della coscienza, risalì le sue difese e si affacciò con delicata fermezza.
Perchè non sempre si può scappare, fuggire da ciò che è stato. Ci sono momenti in cui il passato ti raggiunge.
Strana la vita, strani i percorsi che ci riserva, gli incontri e gli scontri che ha previsto per noi.
Quella notte, come in un film, rivide tutto e pensò di morire.
Rivisse quella scena del ritorno a casa, rivide ogni più piccolo ed insignificante particolare che la sua mente aveva fotografato, spaziò con lo sguardo in quella che fu la sua casa.
Rivide la madre intenta a cucinare, sentì la sua voce che lo chiamava dal cortile, il padre sempre arrabbiato con il mondo intero..... Adesso pensava persino ai momenti più belli e felici della sua infanzia.
Ed ecco che quelle pagine strappate erano state ricollocate al loro posto ed ora Giacomo le stava sfogliando con mani tremanti. Come un puzzle concluso inserì l’ultimo tassello del mosaico e di nuovo scoppiò in un pianto dirotto.
Ora sapeva. Fu colto da un senso di angoscia e di liberazione allo stesso tempo.
Comprese che non bastava sapere per guarire ma che adesso quelle conoscenze andavano elaborate emotivamente.
Poi, con la lentezza di chi non ha più fretta, si avvicinò all’armadio ed in fondo ad un cassetto prese una vecchia scatola. La aprì con ansia e paura.
Al suo interno ritrovò le foto di lui bambino e quelle dei genitori. Una lacrima cadde su quelle foto ed un nodo in gola sembrava impedirgli di respirare. Poi frugò rabbiosamente in quella scatola e alla fine trovò ciò che cercava: il soldatino dorato forte e coraggioso.

Nacque per la terza volta a trent’anni Giacomo ed era un uomo con un passato difficile. Ma adesso riusciva a voltarsi indietro per guardare negli occhi quei frammenti di vita e di dolore. E smise di fuggire, perchè non sempre si può fuggire da ciò che è stato.
Tornò sulla spiaggia a camminare a piedi nudi sulla sabbia e quando si voltò vide che le sue impronte erano intatte, le onde non erano arrivate fin lì, quasi con rispetto non avevano cancellato il suo passaggio. Anche quella era magia pensò.
Così, intento a camminare tirò fuori dalla tasca il soldatino amico di un’infanzia rubata, lo strinse forte tra le mani e giurò di averlo visto sorridere. Era il suo primo regalo, era il regalo del mare.

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