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giovedì 10 novembre 2011

POI MI SFILO' ACCANTO IL DESTINO


 Accadde per caso, come ogni cosa della vita.
Poi tutto finì, come ogni cosa che conosco.
Ero in un parco, seduta su una panchina, a due passi dall’ufficio. Pausa pranzo.
Era una splendida giornata di primavera. Un cielo terso, azzurro come un mare capovolto.
Mi sentivo cullata dal calore del sole e dal cinguettio degli uccelli.
Non c’era nessuno per quell’ora, strano particolare!!!!
Panchine insolitamente solitarie accanto a me a godersi il sole.
Poi mi sfilò accanto il destino.
Un uomo, dall’aria dimessa ma non proprio un barbone, si sedette accanto a me.
Indossava il ricordo di una dignità sbiadita.
Fui subito tentata di alzarmi, la diffidenza prese il sopravvento.
Avrebbe potuto sedersi ovunque ma scelse l’unica panchina occupata, scelse me.
Senza sapere il perché quella presenza mi metteva terribilmente a disagio.
Mi voltai un secondo per guardarlo meglio, come a scrutare un potenziale pericolo.
Sembrava un uomo senza tempo, non solo perché non avrei saputo dargli un’età ma perché era in attesa del niente e il niente lo stava aspettando.
Non una parola, non un gesto, non un movimento ad ingannare quel tempo che non gli apparteneva.
Mi sentivo sempre più a disagio, stranamente inadeguata.
Cominciai così a guardare l’orologio più volte come chi ha fretta, per fargli capire che me ne stavo andando non per lui ma perché l’ufficio mi aspettava.
Feci per alzarmi quando una voce le cui note mi fecero sobbalzare disse:
“Spero non vada via per me”.
Rimasi incollata alla panchina e per la prima volta lo guardai negli occhi.
Aveva gli occhi azzurri come quel cielo terso, un cielo come un mare capovolto.
Gli occhi di chi è in attesa del niente perché ha già trovato tutto.
Era l’essenza della serenità. Capii che il mio disagio scaturiva da quell’ondata di serenità che mi aveva travolta, sopraffatta.
Gli dissi quasi balbettando che mi stavano aspettando e lui, chiudendo gli occhi, cercando la carezza del sole mi rispose:
“Nessuno ci aspetta veramente. Tutti possono fare a meno di noi, tranne noi.
Non abbia fretta di tornare in ufficio, non abbia fretta nella vita. Se cercherà di rincorrere la vita, non la raggiungerà mai ma se si ferma un attimo sarà la vita a cercare lei”.
Lo disse così, con gli occhi chiusi rivolti al sole, chiusi come se un sipario fosse calato su quei fari azzurri, teatro di una vita intensamente vissuta.
Senza parole, con mille domande sospese in aria come bolle di sapone, rimasi lì, seduta su quella panchina, accanto a quell’uomo sconosciuto.
Senza fretta aspettai una risposta ad una delle mie tante domande non formulate.
E invece arrivò una domanda.
Sentii la sua voce chiedermi:
“Cosa farebbe adesso se nessuno la aspettasse?”
E sentii la mia voce rispondere:
“Prenderei il treno per andare al mare a passeggiare a piedi nudi sulla sabbia. E forse resterei lì ad osservare il mare fino ad accarezzare l’orizzonte, goccia dopo goccia”.
Solo allora lui aprì gli occhi e si alzò.
Mi sorrise e prima di allontanarsi per sempre dalla mia vita disse:
“Oggi l’acqua del mare è calda come questo sole ed il mare è azzurro come questo cielo capovolto”.

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